Nonostante nel Nuovo Mondo il pomodoro facesse parte della dieta quotidiana degli indigeni, l’ortaggio simbolo della cucina mediterranea venne importato in Europa esclusivamente per usi ornamentali. All’inizio del 1600, dopo quasi un secolo dalla sua scoperta, il pomodoro non era ancora riconosciuto come un vegetale commestibile, perché ritenuto velenoso al pari di altre solanacee, come la mandragola e la belladonna.
Unica eccezione l’Italia dove a metà del Cinquecento, con un secolo d’anticipo rispetto all’Europa continentale, c’era già chi consumava i pomodori crudi, o fritti in olio e sale, o ancora in minestre e zuppe.
Soltanto alla fine del Settecento la coltivazione a scopo alimentare del pomodoro conobbe un forte impulso. Mentre in Francia il pomodoro veniva consumato alla corte dei re, nel sud Italia divenne l’alimento base della popolazione povera e dei lavoratori. Risale agli inizi del Settecento la prima tecnica di trasformazione in passata di pomodoro e al 1762 la scoperta della conservazione in barattoli di vetro degli estratti del vegetale fatti precedentemente bollire.
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